giovedì 15 aprile 2010

Come Proust può cambiarvi la vita. Alain de Botton




Per un attimo si sperò che potesse guarire quando, alzatosi a sedere sul letto, chiese una sogliola alla griglia, ma dopo che il pesce fu comprato e cucinato, Proust fu preso dalla nausea e non riuscì a toccarlo. Morì poche ore più tardi per un ascesso a un polmone.

La ricerca delle cause che stanno dietro allo spreco e alla perdita di tempo è uno dei temi centrali della Recherche.

“Ah, Céleste”, disse, “se fossi sicuro di poter fare con i miei libri quello che mio padre ha fatto per i malati”.

Dopo la sua morte, l’amico Lucien Daudet scrisse un libro di ricordi proustiani; tra gli altri c’è il racconto di una visita al Louvre. Ogni volta che guardava un quadro, Proust aveva l’abitudine di cercare di far corrispondere i personaggi rappresentati sulla tela alle persone che conosceva nella vita reale. Daudet racconta di un dipinto di Domenico Ghirlandaio intitolato Vecchio e nipote.
Proust osservò il quadro del Ghirlandaio per un momento, poi si girò verso Daudet e gli disse che quell’uomo era l’immagine sputata del marchese de Lau, una figura molto nota nel bel mondo parigino.

“Esteticamente, la gamma dei tipi umani è troppo limitata perché non si provi di frequente, ovunque si vada, la gioia di rivedere persone conosciute”.

“uno non può leggere un romanzo d’amore senza attribuire allperoina i tratti della persona che ama”

Albertine, vista l’ultima volta mentre passeggiava per Balbec con i suoi magnifici occhi ridenti

Come disse il fratello di Proust, Robert, “La cosa triste è che le persone devono essere molto malate o devono essersi rotte una gamba per avere la possibilità di leggere la Recherche”.

Alfred Humblot: “Non riesco a capire perché un tizio abbia bisogno di trenta pagine per descrivere come si agita e si rigira nel letto prima di addormentarsi”.

Proust era più spaventato dai topi che dai cannoni

Ottantatrè volte si era pulito il naso dall’inizio di una lettera lunga tre pagine scritta per Reynaldo Hahn. Versaille è a ottantatrè metri sopra il livello di Parigi e Proust non riesce a salire le scale dopo aver fatto ritorno a Parigi.

P. diceva di essere sospeso tra la vita e la morte sei giorni su sette.

Se era sempre stato così malato, affermava Hauser, dipendeva dall’essere rimasto a letto tutta la vita con le tende chiuse rifiutando i due elementi fondamentali per una buona salute: il sole e l’aria fresca.

“L’intera arte del vivere consiste nel trarre vantaggio dalle persone che ci fanno soffrire”.
“Le idee sono i succedanei dei dolori; nel momento in cui questi si trasformano in idee, perdono una parte della loro azione nociva sul nostro cuore.

Chi non conosceva Proust molto bene aveva la deprimente tendenza a chiamarlo col nome di uno scrittore contemporaneo all’epoca molto più famoso: Marcel Prévost. “Sono totalmente sconosciuto”, riconobbe Proust nel 1912.

Proustificare, coniato Da Fernand Gregh: “per esprimere un atteggiamento, non del tutto involontario, di gentilezza e di interminabile, deliziosa affettazione”.

La primavera di Millet, uno dei suoi quadri preferiti.

La cameriera di Proust era un’idiota: credeva che Napoleone e Bonaparte fossero due persone diverse, e si rifiutava di credere a Proust quando le spiegava che non era così.

“Mentre scrivevo il mio libro, sentivo che se Swann mi avesse conosciuto e avesse potuto servirsi di me, avrei saputo rendere Odette innamorata di lui.

Proust malato chiuso nell’arca. “Capii allora che Noè non avrebbe mai potuto vedere il mondo così bene come dall’arca, benché fosse completamente chiusa e fosse notte sulla terra”.

Nel 1899 in autunno andò in vacanza sulle alpi francesi, alla stazione termale di Evian, ed è qui che lesse e si innamorò delle opere di John Ruskin, il critico d’arte inglese noto per i suoi scritti su Venezia, Turner, il Rinascimento italiano, l’architettura gotica e i paesaggi alpini.

Illiers-Combray. In un angolo della rue du Docteur Proust, alla porta della panetteria-pasticceria è appeso un grande cartello che lascia un po’ sconcertati: “La casa in cui zia Léonie comperava le sue madeleine”.

Non è Illiers-Combray che dobbiamo visitare: se vogliamo davvero rendere omaggio a Proust dobbiamo cominciare a guardare il nostro mondo attraverso i suoi occhi, e non guardare il suo mondo attraverso i nostri occhi.

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