mercoledì 14 aprile 2010

Scintille di Gad Lerner

Cito solo un episodio dal Libro nero del genocidio nazista nei territori sovietici, curato da Vasilij Grossman e Il’ja Erenburg, censurato dal Pcus e pubblicato incompleto nel 1945 con prefazione di Albert Einstein negli Stati Uniti: “I fascisti picchiavano a sangue quella gente e la umiliavano in tutti i modi possibili. Li costringevano a leccare il pavimento e a pulire le finestre con una piuma di gallina. Gli ebrei venivano messi in fila e obbligati a picchiarsi tra di loro. Se gli uomini delle SS ritenevano che i colpi non fossero dati con sufficiente energia, sceglievano nella fila una vittima e davano una dimostrazione di come si fa ad ammazzare qualcuno di botte. Gli altri dovevano prendersi a ceffoni, tra le risate degli aguzzini. Poi, per tutti, la fucilazione”.
Temo abbia tratto ispirazione da questo resoconto Jonathan Littell per scrivere le trenta morbose pagine del romanzo Le benevole in cui descrive l’arrivo a Lemberg del suo protagonista, Maximilien Aue, perverso ufficiale delle SS.

Le botteghe color cannella dei racconti di Schulz. La via dei Coccodrilli.

I cardi lunghi e spinosi con i loro fiori blu sbiaditi. A Hirbet Kseif, dove è morto Uri Grossman.

Tali, mamma di Gad (Led), lavorava come assistente al Consolato generale d’Israele, a Milano. Si è laureata a trentanove anni all’università Bocconi, in Lingue e letterature straniere, con una tesi sul poeta Gèrard de Nerval, cui si deve la celebre definizione del Libano come “Svizzera del Medio Oriente”.

Il mite Primo Levi e il roccioso Marek Edelman sono due figure gigantesche dell’ebraismo contemporaneo che Israele non riesce a comprendere in sé.

Scrive Gad: “Sono un ebreo nato in un paese arabo che ammira la saggezza dell’Occidente. Ascolto musica classica la mattina e araba la sera. Sono un uccello migratore tra due mondi, con una gamba qua e una là, e a volte le gambe mi s’ingarbugliano e incespico”.

“E io potevo permettermi il lusso di riconoscerne il fascino, dilaniandomi malinconicamente fra le tre patrie, perché in realtà sono stato sì esule, apolide, in sospeso, ma non ho mai subito davvero la condizione che ti rende diverso da tutti gli altri uomini: essere profugo”.

Solo grazie all’esilio Khalil Gibran è divenuto l’autore arabo contemporaneo più letto del mondo. Sarà solo un caso, ma questo teorico libanese dell’ambiguità fu anche un deciso assertore della metempsicosi, cioè della reincarnazione delle anime che cinque secoli fa i maestri della Qabbalah, nella santa città palestinese di Safed, non distante dalla sua Montagna, individuarono nel vortice del gilgul.

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